Giulia e Anna Carla Berta, oggi titolari della storica azienda di famiglia, ci raccontano le origini, la crescita e il presente di una realtà d’eccellenza del territorio, interprete di grandi liquori e distillati, tra cui la grappa conosciuta ed esportata in tutto il mondo.
Berta è una realtà storica nel panorama piemontese, ci raccontate le sue origini?
Le nostre origini sono quanto di più semplice si possa pensare: tutto nasce da un ragazzo e dalla sua bici. All’inizio degli anni Quaranta, nostro nonno adorava il mondo del vino, dell’uva e dei distillati, al punto da percorrere tutti i giorni in bicicletta la strada che da Nizza porta ad Alba per frequentare la scuola di Enologia. Nel 1947, dopo il diploma e dopo aver conosciuto nostra nonna, insieme decidono di aprire la loro distilleria a Nizza Monferrato. Il contesto, più casalingo di così non si può: al piano di sopra vivevano, al piano di sotto distillavano. Qualche anno dopo arriva Gianfranco, il primo figlio, e infine Enrico, il secondo.
Cos’è cambiato e cosa invece è rimasto inalterato dalle origini fino a oggi?
Ti direi che sono cambiate tantissime cose e nello stesso tempo non è cambiato nulla. Sicuramente ci siamo ingranditi: oggi la nostra squadra conta più di 40 persone, le tecnologie si sono evolute e affinate, i confini si sono espansi (esportiamo in più di settanta Paesi). Ma le cose essenziali, quelle che veramente riempiono quello che facciamo di senso, rimangono le stesse. Siamo sempre una famiglia, di quelle in cui ogni tanto si discute, ma in cui puoi sempre trovare un sostegno nei momenti che contano. E siamo sempre rimasti artigiani: questo vuol dire preservare un contatto profondo con la materialità del lavoro. Ogni singola bottiglia che esce dalla nostra azienda riceve cure e attenzioni maniacali: ci teniamo che il dettaglio sia perfetto. Siamo state cresciute con il concetto della qualità.
Che cos’è per voi la qualità?
Qualità non è qualcosa che indica il valore di un prodotto: è un modo di vivere e di relazionarsi alla vita. È il tentativo di portare sempre un valore aggiunto a chi sceglie noi, i nostri prodotti e i nostri servizi. La qualità si esprime tutti i giorni, da quando ci si alza al mattino, e ha un legame fortissimo con il concetto di cura: passa tramite l’ascolto aperto, profondo, coinvolto di chi si ha di fronte. E in questo non siamo mai cambiati: abbiamo sempre cercato di esprimere la qualità ogni giorno.
L’azienda oggi è tutta a conduzione femminile. Era pensabile agli inizi? E cosa significa essere donne in un settore ancora tradizionalmente a trazione maschile?
Nel 1947 le donne erano andate alle urne per la prima volta da pochissimo. Certo l’emancipazione femminile non è stato un percorso veloce e per certi versi non è nemmeno del tutto concluso. Se pensiamo alla nostra storia, però, è un sì. Per i primi venticinque anni di vita dell’azienda, gli unici a lavorarci erano nonno e nonna, quindi la presenza femminile è sempre stata fondamentale. E, negli anni successivi, mio padre e mio zio non erano certo da soli: Simonetta, mia mamma, ha sempre lavorato con loro in questa impresa. Il suo apporto è stato fondamentale negli anni. E oggi comunque il mondo del vino e dei distillati sta cambiando radicalmente: sempre di più le donne si avvicinano ai distillati, sia come produttrici che come consumatrici. L’immagine del distillato come “roba da uomini” sta tramontando.
Negli anni si alternano le mode, anche in materia di distillati. Eppure, la grappa sembra non essere un prodotto cool. Secondo voi come mai?
Ma meno male che non lo è! Le cose possono diventare “cool” per i motivi più disparati: la vera sfida è quella di astrarsi dalle mode. Nel momento in cui si riesce a trascendere la moda si diventa un vero cult. C’è da dire anche che la grappa ha le sue caratteristiche molto particolari: è un distillato con un sapore molto marcato e intenso, un profumo avvolgente e caratteristico che in miscelazione la rende un po’ ostica da utilizzare. La nostra cifra più distintiva sono le grappe molto invecchiate: sono distillati fatti per essere consumati in purezza, con calma, alla giusta temperatura per apprezzarne tutti i sapori. Non è un tipo di produzione adatto a un prodotto che segue la moda, ci vogliono dagli otto ai vent’anni per ottenere queste grappe. E non è nemmeno un tipo di consumo che segue la moda. È un tipo di consumo fatto per astrarsi dalla coolness, dal trend, da quello che va di moda e dedicarsi un momento speciale.
Quanto è protagonista il territorio nella vostra produzione?
È il protagonista assoluto. Siamo figli del nostro territorio: la grappa nasce in aree particolarmente vocate alla produzione del vino, proprio perché siamo praticamente inscindibili da questo punto di vista. Senza chi fa il vino, non ci sarebbe chi fa la grappa. In più, ogni territorio ha le sue caratteristiche peculiari, sia in termini di clima e terreno ma anche in termini di storia, filosofia e pratiche di lavoro. E tutto questo si trova nel bicchiere. Dall’altro lato, siamo anche noi a creare il territorio in cui viviamo: tramite la cura, il rispetto e la tutela, o viceversa tramite l’incuria e l’inciviltà, possiamo avere un impatto enorme sui nostri luoghi. In questo senso, non è importante solo guardare a cosa il territorio ci dà, ma anche a cosa possiamo dare noi al nostro territorio.
Non solo grappe: Berta firma diverse linee di distillati e liquori. Ce ne parlate?
I primissimi liquori targati Berta venivano prodotti già da nostro nonno; all’epoca la grappa era veramente molto difficile da vendere e i liquori ci permettevano di lavorare bene e di avere un discreto giro di clienti nella nostra zona. Oggi abbiamo una linea di sette liquori ispirati alle ricette del nonno, ma con un twist più moderno, che si stanno dimostrando ottimi alleati sul versante mixology. Un altro aspetto su cui già il nonno si era focalizzato è il distillato di vino, il brandy insomma. Uno spirito elegantissimo, molto raffinato, che con lunghi invecchiamenti dà soddisfazioni pressoché infinite: proprio quest’anno abbiamo tirato fuori dalla botte tre brandy che aveva messo in invecchiamento nostro nonno moltissimi anni fa. Si chiamano Legàmi e sono invecchiati 38, 45 e 51 anni. È il nostro modo per onorare un’eredità importante e per proseguire su una strada in cui Paolo credeva tanto.
Giulia, qual è l’etichetta a cui sei più affezionata?
La risposta qui è quasi scontata: SoloPerGian. È una grappa che fa un periodo iniziale di invecchiamento in botte grande e un successivo affinamento di due anni in botti piccolissime, da 100 litri. L’idea di utilizzare queste botti fu di mio padre, che aveva pensato così di concentrare al massimo tutti i sapori e i profumi. SoloPerGian oggi non è solo una grappa, ma anche una cantina di invecchiamento e una Fondazione che aiuta persone giovani e meno giovani a inserirsi nel mercato del lavoro. Così, le innovazioni e l’impegno di mio padre, sia per l’azienda sia per il suo territorio, rimangono vivi.
Berta negli anni è riuscita a diversificare la sua produzione, arrivando a presentare anche prodotti di pasticceria. Ce li raccontate?
La storia dell’amore della nostra famiglia per gli amaretti è molto lunga: ci sono sempre piaciuti tanto e ci è sempre piaciuto abbinarli alla degustazione di grappa. Avere qualcosa da degustare permette di poter assaggiare un bicchiere in più senza compromettere la propria lucidità e crea un piacevole diversivo per pulire la bocca tra un assaggio e l’altro. L’amaretto in questo è una scelta perfetta perché è leggermente dolce, ma non appesantisce la bocca, con quel lieve sentore di tostato che non invade. Abbiamo sempre accompagnato le grappe con gli amaretti in azienda, e quelli di Carlo Moriondo, nipote dell’inventore di questo dolce, erano i nostri preferiti. La proprietaria della pasticceria Carlo Moriondo, la signora Alda Pessini, era la sua ultima erede e lavorava con suo fratello. Parliamo di contesti minuscoli e di rapporti di commercio storici, in cui ci si conosce di persona e ci si scambia notizie e confidenze. Così, una dozzina di anni fa la signora ci confidò l’intenzione di chiudere l’attività per dedicarsi alla meritata pensione. Decidemmo, quasi immediatamente, di rilevare noi la pasticceria e lasciare il marchio Moriondo Carlo, in omaggio alla famiglia che ha fatto la storia degli amaretti.
Oggi sotto la vostra insegna sono nate nuove realtà dedicate interamente all’ospitalità. Come vi è venuta questa idea?
Anche qui, l’amore verso l’ospitalità ha molti più anni della nostra attività effettiva in questo settore: quando ancora eravamo nella prima Distilleria a Nizza Monferrato invitavamo clienti, agenti e amici in cantina non solo per degustare la grappa e parlare di business, ma anche solo per mangiare un piatto insieme, condividere dei bei momenti. Alcune volte chiamavamo chef dei ristoranti del territorio a cucinare, altre volte semplicemente Simonetta, mia madre, preparava una pasta per tutti! Ci è sempre piaciuto ospitare le persone a casa nostra, coccolarle, farle sentire parte di qualcosa. E infatti, appena trasferiti nella nuova sede abbiamo subito inaugurato tre camere da letto in distilleria, una sorta di piccola foresteria per far fermare a dormire alcuni amici. Il passaggio verso Villa Castelletto e Villa Prato è venuto naturale, nella voglia e nell’esigenza di dare sempre qualcosa in più alle persone che vengono a scoprirci.
Che consiglio vi sentireste di dare a una giovane donna che oggi desidera fare impresa?
Oggi essere donna e fare impresa pone molti meno limiti di una volta, ma la strada non è ancora conclusa e c’è ancora molto cammino da fare. Poi, essere al tempo stesso giovane e donna non è facile, perché sicuramente incontrerai persone che non ti daranno credito proprio in virtù di questi due aspetti. Forse il nostro consiglio è proprio questo: quando si sa di essere competenti, non lasciarsi zittire o intimidire da qualcuno che vuole farti credere il contrario. E quando le competenze non si hanno, non avere timore di chiedere, informarsi, fare domande. La curiosità è l’ingrediente essenziale per crescere, in azienda come nella vita.