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Sa Faula: a Torino il wine bar dall’anima sarda

di CORRADO LARONGA

Va a dormi ca it cunto na faula. In dialetto piemontese significa “vai a dormire che ti racconto una favola”. Viene spontaneo, per chi ancora parla e capisce il dialetto, tradurre “faula” con “favola”, ma se vi trovate davanti al Sa Faula di via Catania 20 sappiate che di dialetto si tratta, ma non piemontese.

Un piccolo indizio sulle origini dei proprietari si ha non appena vi salutano e vengono “traditi” da un accento inconfondibile che richiama le atmosfere di una delle isole più belle del mondo, la Sardegna, dove in realtà la parlata locale non è un dialetto, ma una vera e propria lingua di derivazione latina, autonoma dagli altri sistemi dialettali italici.

In lingua sarda, “sa faula” significa “la bugia”, un nome curioso per un locale dove invece regnano sovrane sincerità e cortesia. Tolto il divertente equivoco linguistico, che potremmo anche considerare una geniale mossa di marketing (pure se fosse involontaria), questo piccolo locale nasconde una storia e una filosofia assai interessanti, a partire dalle sue origini. Gianmarco e Denise, i proprietari, avrebbero voluto aprirlo a novembre del 2019, ma una serie di ritardi nella consegna dei materiali fecero slittare l’ipotetica inaugurazione a marzo del 2020. Vi dice niente questa data? Ebbene sì: pandemia. Inutile dire che l’inaugurazione saltò, ma, lungi da perdersi d’animo, i due approfittarono di una delle poche finestre utili in quel periodo per lanciarsi nella loro nuova avventura.

Tra mille difficoltà, Sa Faula aprì a giugno del 2020, subendo poi l’inevitabile alternanza tra chiusure forzate e aperture, fino al ritorno a quella normalità che tutti noi abbiamo imparato ad apprezzare solo quando l’abbiamo perduta.

Arriviamo però ai giorni nostri, quando sentendoci molto in colpa per non aver mai sentito parlare di questo bel localino, decidiamo di provarlo per un aperitivo informale, senza avere chissà quali aspettative perché, va detto, in Torino se ne parla ancora molto poco.

Entriamo e veniamo accolti da Gianmarco, che scopriamo essere sommelier di vecchia data, vissuto per ben 7 anni a Londra dove si è formato alla corte di nomi importanti della ristorazione internazionale. Insieme a lui c’è Denise, la sua compagna, un passato da store manager e un presente da ristoratrice e cuoca. Siamo sfacciati e gli facciamo una domanda indiscreta (i più giovani direbbero “cringe”): “siete sposati?”. Ci rispondono di no, sono una felicissima coppia di fatto in aria di matrimonio. Non che importasse qualcosa, intendiamoci, era giusto per fare due chiacchiere per rompere il ghiaccio e metterlo dentro uno dei cocktail di Gianmarco che, sì, è anche bartender.

Ci sediamo e veniamo subito catturati dalla lavagnetta e dalle sue golosità, una selezione perfetta per un gran bell’aperitivo tra Sardegna, Piemonte e qualche incursione in zone esotiche del mondo. Scegliamo un Tagliere con salumi rigorosamente Luiset, Hummus e Babaganoush, Burrata, Focaccine sarde calde con Bottarga e Pecorino (da svenimento) Lardo e Zafferano e Pancetta e Pecorino. Il tutto accompagnato da un Vermentino sardo strepitoso, consigliato ovviamente da Gianmarco, che ha messo su una cantina davvero interessante tra Nord e Sud.

Dopo quella volta ci siamo tornati e l’abbiamo trovato di nuovo pieno. I clienti non mancano, ma forse di questo locale bisognerebbe parlare di più, perché nonostante non abbia ancora la cucina (comunque è nei piani), dimostra un’attenzione alla qualità della materia prima e alle etichette che non è per niente scontata, specie per la sua dimensione.

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