di CORRADO LARONGA
Serena Scarpel, responsabile area vendite di Clara C’, ci racconta la cantina fondata da Clara Carpenè nel cuore di Valdobbiadene, la terra del Prosecco.
Serena, partiamo con qualche informazione storica. Come nasce la cantina e per volere di chi?
Siamo nel 2005, nel cuore di Valdobbiadene, la zona d’Italia storicamente più votata al Prosecco. Qui, Clara Carpenè decide di fondare Clara C’ per portare sul mercato le proprie interpretazioni del Prosecco, di cui oggi la cantina conta circa venti referenze. Ai più attenti non sarà sfuggito che il cognome di Clara, Carpenè per l’appunto, è un cognome storico nel mondo del vino, grazie al lavoro di Antonio Carpenè II, tra i primi produttori di Prosecco in Italia. Da un piccolo stabile in Valdobbiadene parte l’avventura di Clara e di Marta Pasquon, da sempre al fianco di Clara, alle quali mi aggiungo poi io in un secondo momento come responsabile della rete commerciale in Italia e all’estero.
Quindi, almeno a livello direttivo, è un’azienda tutta al femminile.
È quasi interamente femminile, se escludiamo il nostro prezioso cantiniere e alcuni dei nostri collaboratori. L’idea è stata fin da subito quella di dare voce alle donne in un mondo che storicamente è sempre stato molto maschile, ma non ne facciamo necessariamente una questione di genere: donne e uomini che lavorano per Clara C’ sono professioniste e professionisti di assoluto valore che ogni giorno danno il loro meglio per portare in alto il marchio con passione e competenza. All’inizio eravamo una piccola realtà, poi abbiamo cominciato a crescere e a sviluppare una rete vendite orientata sia al mercato estero che interno e nel 2022, tirando le somme del lavoro fatto finora, possiamo dirci molto soddisfatte.
Dove si trovano gli appezzamenti vitati e quali sono le caratteristiche tipiche del clima e del terroir della zona?
I vigneti dai quali Clara C’ prende le uve per le linee DOCG sono tutti in Valdobbiadene. Dal punto di vista climatico, va detto che negli ultimi anni è cambiato molto, ma ovviamente non solo qui. Degli inverni molto freddi che c’erano un tempo non c’è quasi più traccia, ma per fortuna non ci sono stati grandi cambiamenti a livello di suolo e di produzione. Un cambiamento più importante lo hanno prodotto invece le estati, che sono molto più calde e che portano quindi a una vendemmia precoce rispetto al periodo classico cui eravamo abituati. Sicuramente, la buona escursione termica che si mantiene regolare tra notte e giorno ci permette di avere uve semi-aromatiche con una buona componente di profumi che si ritrovano poi anche nel bicchiere. Quello di Valdobbiadene rimane, a nostro giudizio, il clima ideale per il Prosecco.
La produzione complessiva di Prosecco DOC ha visto nel 2021 un incremento del 25,4%, rispetto al 2020, arrivando a 627 milioni di bottiglie, con un export in crescita del 27%. Un bel risultato. Come se lo spiega?
Va detto che negli anni il Prosecco è uno dei pochi vini che non ha mai registrato flessioni nelle vendite che, anzi, sono progressivamente cresciute. Mi spiego questo dato inserendolo nella costante crescita del mercato delle bollicine e perché il Prosecco è un prodotto dall’ottimo rapporto qualità/prezzo. Il mercato sta cambiando, i consumatori ricercano vini più freschi e di facile beva, persino per quanto riguarda i rossi, dove una volta dominavano i grandi barricati. Va anche detto che il Prosecco è di per sé un vino molto versatile che si adatta a diversi momenti della giornata, è profumato, piacevole e poco alcolico. Penso sia normale, quindi, che il suo consumo cresca un po’ ovunque nel mondo, anche in territori dove fino a qualche anno fa era assente, come per esempio l’Asia.
Per anni il Prosecco è stato considerato il “cugino povero” del Metodo Classico. Questo come mai? E ha ancora senso questa considerazione, alla luce dei numeri?
Diciamo che è sempre stato visto come un vino da tavola non particolarmente complesso, ma il fatto che non abbia di per sé una grande struttura non toglie niente alla sua qualità dopo la spumantizzazione. Per molti bevitori ha meno appeal proprio per il metodo di produzione, perché prediligono idealmente una rifermentazione in bottiglia come accade per il Metodo Classico. Riguardo quest’ultimo punto, posso dire di aver assaggiato dei Prosecchi fatti con metodo classico che erano dei grandi vini, non a caso è uno dei progetti che abbiamo anche in Clara C’ per il futuro. In ogni caso, per quanto struttura e uve siano effettivamente diverse da quelle dei Metodo Classico, non credo abbia senso fare paragoni o classifiche, tanto più che, come osserviamo tutti i giorni, anche il mercato del vino è soggetto alle mode, quindi non è detto che ciò che piace oggi sia quello che piacerà domani. Per quanto mi riguarda, un Prosecco può essere un gran prodotto se fatto seguendo certi criteri in vigna e in cantina ed è quello che cerchiamo di dimostrare tutti i giorni con le nostre referenze.
Se dovessimo spiegare la differenza tra un Metodo Martinotti e un Metodo Classico a chi non sa nulla di vino, che parole useremmo?
Per farla facile potremmo dire che ciò che conferisce caratteristiche organolettiche diverse ai prodotti è la rifermentazione, che con il Prosecco avviene in autoclavi per un tempo molto ridotto, mentre per il Metodo Classico avviene in bottiglia per un tempo molto più lungo. E poi, naturalmente, la differenza sta nelle uve. Le uve aromatiche della Glera, da cui deriva il Prosecco, non sono adatte ai lunghi tempi di rifermentazione in bottiglia del Metodo Classico, che se utilizzato genera una perdita di aromi e profumi tipici di queste uve. Con il Metodo Martinotti, invece, la rifermentazione è più breve e riesce a dare il brio delle bollicine, mantenendo tutte le caratteristiche dell’uva Glera che rendono il Prosecco unico al mondo. Per questo motivo il Metodo Martinotti è stato scelto e adattato a queste uve proprio dal bisnonno e poi dal papà di Clara, Antonio Carpenè II.
Qual è la differenza tra Prosecco Tranquillo e Prosecco Spumante?
Fondamentalmente le bollicine. Il Prosecco Tranquillo è fermo, mentre del Prosecco spumantizzato possiamo avere diverse tipologie: extra brut, brut, dry, extra dry e così via, con vari gradi di residuo zuccherino che danno in bocca sensazioni diverse. Credo che il Prosecco spumante abbia una marcia in più, perché la bollicina gli conferisce maggiore struttura e lo rende più importante. Il prosecco fermo è un buon prodotto, ma ha una gradazione alcolica bassa, quindi è indicato più che altro per aperitivi o pietanze molto leggere.
Non solo Prosecco, comunque, nelle cantine Clara C’. Parliamo un po’ delle altre referenze?
Abbiamo uno Spumante Rosè da Pinot Nero e uno da Chardonnay, sempre metodo Charmant. Sono due prodotti molto apprezzati che ci permetto di aprirci anche in altre direzioni. Poi abbiamo una linea di Prosecco nota come “Fiori di Prosecco”, che è ispirata alle profumazioni tipiche di questo prodotto e dal mosto fiore, che è il primo succo che si estrae dalle uve, quello più pregiato e profumato.
Siccome si tratta di un argomento molto discusso, secondo lei ha senso parlare di differenze di genere per quanto riguarda il palato?
Assolutamente no. Siamo una cantina al femminile non perché i nostri vini siano dedicati alle clienti donne o più apprezzato dai palati femminili. La dicitura “Feminine” per alcuni nostri prodotti è nata perché in azienda, come le accennavo, siamo quasi tutte donne, quindi è un riferimento a chi siamo, a chi c’è dietro quelle bollicine pop e femminili che produciamo.
Ce l’ha già accennato, ma ci racconta qualcosa di lei e del suo lavoro in Clara C’?
Io mi occupo della rete commerciale. Sono nel mondo del vino da sempre, perché mio padre è un piccolo produttore di Prosecco, quindi sono nata e cresciuta in cantina. Ho studiato alla Scuola Enologica di Conegliano, la prima nel mondo e ancora oggi una delle più importanti. Durante gli studi mi sono anche diplomata come sommelier, perché ho presto capito che mi piaceva di più raccontare il vino che farlo. Quindi, ho poi lavorato in diversi ristoranti e in altrettante aziende, tra le quali Marchesi Antinori, che per me è stata una grande scuola. Da un anno e mezzo invece ho cominciato a fare consulenza per le aziende vinicole. Sostanzialmente, arrivo in realtà ancora poco conosciute in Italia e creo per loro una rete commerciale, seguendole in tutto il lavoro di vendita.
C’è un Prosecco o un altro vino tra quelli di Clara C’ che sente più rappresentativo della sua personalità?
Direi che ce ne sono due. Il primo è il DOCG Brut, elegante, con una bollicina delicata, ma ben strutturato, un prodotto che viene molto apprezzato anche nell’alta ristorazione. Poi il Brutissimo, il Prosecco Extra Brut firmato Clara C’, chiamato così perché quando è nato non esisteva ancora un disciplinare ad hoc e quindi non si poteva chiamare Extra Brut come adesso. Il nome è piaciuto così tanto ai nostri clienti che anche quando è nata la denominazione abbiamo deciso di tenerlo. Questo, secondo me, è il Prosecco per eccellenza.
È quasi anacronistico ormai, per fortuna, chiedere quanto l’imprenditoria femminile in un settore storicamente a maggioranza maschile sia complicata, ma notate delle differenze di trattamento nel rapporto con i colleghi o con gli acquirenti?
No assolutamente, anzi, sono tutti entusiasti del nostro lavoro, non c’è nessuna differenza di trattamento con aziende a maggioranza maschile. Oggi in Italia ci sono associazioni importanti come “Le donne del vino” e sempre più donne che lavorano nel settore o che sono proprietarie di aziende enologiche. Un po’ come accade in Francia con lo Champagne.
Che effetto hanno sulla produzione la crisi energetica e la scarsa reperibilità dei materiali?
Incidono molto. L’anno scorso siamo rimasti senza bottiglie, perché il vetro non era più reperibile. Inoltre, come tutti sappiamo, i costi della materia prima e dell’energia sono cresciuti, quindi anche i listini sono dovuti cambiare. L’incidenza è importante, soprattutto quando si tratta di vini che hanno un costo di partenza relativamente contenuto.
Secondo lei, parte di questa crisi deriva anche dalla speculazione?
Secondo me sì, ma non credo che a speculare siano i produttori. Da parte dei fornitori dell’energia ci sono stati aumenti improponibili, molte realtà ristorative sono in difficoltà perché non riescono ad assorbire gli aumenti. Le grandi realtà per ora tengono, ma non riusciranno a farlo per sempre. E poi ci sono le materie prime. Anche in quel caso, la speculazione mi pare abbastanza evidente.
Cosa si aspetta per il futuro?
Io sono positiva, penso che ci sarà un rientro non immediato, ma forse già entro la fine dell’anno. Qualcosa si muoverà, non torneremo alla situazione ante covid o ante guerra, ma si ristabilirà un po’ di ordine.