Tempo di lettura: 1 minuto e 30 secondi
C’è stato, qualche anno fa, un periodo noto come il “Periodo UNESCO“. Movimento campanilistico-culturale squisitamente piemontese – non ancora riconosciuto dalla storiografia ufficiale – il periodo UNESCO ha coinciso con l’ingresso di Langhe, Roero e Monferrato nel prestigioso circuito dei Patrimoni dell’Umanità. Per tutti noi pedemontani di nascita o di adozione, fu un tale vanto che di fatto non parlammo d’altro per mesi. Noi di Menu à Porter inclusi, ovviamente.
Ora, il Periodo UNESCO, come tutti i periodi che si rispettino, ha avuto un inizio e una fine, e anche se tutt’oggi capita ancora di vantarsi, di tanto in tanto, della bellezza dei nostri territori e del riconoscimento internazionale, la passione dei primi giorni è finita da tempo.
Ne è dimostrazione il fatto che sia passato completamente sotto silenzio un nuovo ingresso, che riguarda diverse zone d’Italia tra cui il Piemonte, nei beni protetti dall’UNESCO, ma in una sezione ancora assai poco conosciuta: i Patrimoni Culturali Immateriali.
E sì, perché non di sola materia vive l’uomo, ma anche di tradizioni che vengono tramandate oralmente di generazione in generazione e che costituiscono dei veri e propri patrimoni. Pensiamo per esempio all’arte del “pizzaiuolo” napoletano, che non a caso fa parte dei Beni Immateriali UNESCO dal 2017, o ancora l’arte del Canto a Tenore Sardo, iscritto alla lista addirittura nel 2008.
A che punto arriviamo noi? Nel funesto 2021, a quanto parte, quando la Lista Rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale ha accolto, pensate un po’, questa specifica tradizione: “Cerca e Cavatura del Tartufo in Italia: conoscenze e pratiche tradizionali”.
Dice l’UNESCO:
La Cerca e cavatura del tartufo è costituita da un insieme di conoscenze e pratiche tradizionali trasmesse oralmente di generazione in generazione e ancora ampiamente diffuse nelle campagne del nostro Paese. I tartufai, ovvero i cacciatori di tartufi, di solito vivono in aree rurali o in piccoli paesi. Per saper trovare il tartufo è necessario disporre di un’ampia gamma di capacità e conoscenze su clima, ambiente e vegetazione, connesse alla gestione di ecosistemi naturali e al rapporto tra il cane e il cacciatore di tartufi. Queste nozioni vengono trasmesse oralmente attraverso storie, favole, aneddoti e espressioni particolari che riflettono l’identità culturale locale, creando uno spirito di solidarietà nella comunità dei cacciatori di tartufi. Le pratiche rispettano l’equilibrio ecologico e la biodiversità delle piante, assicurando la rigenerazione stagionale delle varie specie.
L’UNESCO ha fino ad oggi riconosciuto come Patrimonio Immateriale 630 elementi in 140 Paesi del mondo. Di questi, 15 sono in Italia, e se volete approfondire l’argomento li potete trovare qui.