di GIORGIO GRIGLIATTI
L’autunno e l’inverno sono le stagioni in cui la gastronomia piemontese dà il meglio di sé. Le nostre carni, i piatti di paste all’uovo fumanti, i grandi rossi e soprattutto il tartufo bianco. È lui il re della cucina Monferrina e Langarola. Già nei primi giorni dell’autunno faceva bella mostra di sé: a ottobre l’ho assaggiato due volte. All’Albergo dell’Agenzia di Pollenzo e all’Ape Wine bar di Alba. Nel primo caso sui tajarin (perfetti: scuola madama Maria del Boccondivino) e nel secondo su una cocotte di fonduta con l’uovo ed i porcini (da morire!). Mi ha stupito la qualità del fungo ipogeo nostrano: profumo intenso, davvero eccellente.
Se questa è la qualità, godiamone al ristorante o a casa. Cucinate? Io…direi di no! Nel passato avrei chiamato un cuoco itinerante. Diverse erano le professioni itineranti: arrotino, materassaio, cantante, venditori di ghiaccio, addirittura il ‘bouilleur ambulant’ (distillatore ambulante): sul carro portava l’alambicco. Ovviamente c’era anche il cuoco: girava per le cascine, lo chiamavi per una festa, una comunione, un matrimonio. Arrivava e cucinava quello che era disponibile in casa. Se questa brutta crisi non finisce presto, potrebbe diventare una professione per il futuro. Un catering 2.0, smart/sharing, vedetelo come volete.
A casa per il momento, mi accontento di godere del tubero nostrano in maniera elementare ma molto goduriosa. Vi svelo la ‘ricetta’: prendete una formaggetta fresca, una Robiola di Roccaverano (controllate: solo latte di capra!), tagliatela orizzontalmente a metà. Bagnatela (con parsimonia!) di olio delicato (ligure di Taggiasca!) affettate ‘la truffe blanche’ (qui non siate parsimoniosi). Adesso avete 2 possibilità: potete fare la stessa cosa sull’altra metà ed avrete 2 porzioni, oppure richiudete l’altra metà sulla prima. Avrete una Roccaverano farcita in maniera principesca. Certo! Un po’ come il ‘Brillat Savarin á la truffe noire’ ma più fine. Noblesse Piémontaise oblige.
Buone Feste a tutti!