di CORRADO LARONGA
L’autunno, la collina di Torino e il ristorante Giudice: se fosse una squadra di calcio, vincerebbe i mondiali. Invece, è un trittico perfetto fatto di colori, profumi e sapori che, se la Crusca ce lo permette, definiremmo “coccolanti”.
L’autunno è la stagione delle lunghe cotture, dei sughi che sobbollono, delle pentole fumanti che stufano la cacciagione. È la stagione di quel “comfort food” che non si chiama così perché è banale, ma perché ha veramente la dimensione confortevole di una coperta calda, fatta con fibre naturali di assoluta qualità.
E qui, entrano in gioco Carmelo Damiano e Marco Granato, gli chef del ristorante Giudice, di cui sono i proprietari insieme a Diego Bava, che si occupa della sala. Sono i tre figuri che vedete qui sotto.
A Carmelo e a Marco, nonostante in cucina si occupino di partite diverse, piacciono l’autunno e le sue infinite possibilità, che hanno armonizzato – insieme a Corinne Colacicco ai dessert – in un menu che parla del territorio globale e delle sue storie.
Tanto studio sulle tecniche di cottura, spesso molto lunghe e a basse temperature. Tanto studio sul prodotto e un recupero casuale e non casuale di ricette antiche, tipiche di paesi vicini e lontani. Il tutto, in un menu dai sapori forti che li rappresenta in ogni fibra del loro essere cuochi. I cuochi del ristorante Giudice.
Ve lo facciamo vedere qui:
Chi è stato ai Caraibi lo confermerà: uno degli abbinamenti più amati è Rum e Cioccolato! Per chi non c’è mai stato, i Caraibi arrivano a Torino sotto forma di fassona di Cuneo marinata 12 ore nel rum, su cui viene grattato del cacao Venezuela al 70% e alla quale viene abbinata una bavarese salata di arance Navel di Siviglia.
Il Bosco. A Torino è conosciuto come un piatto iconico del ristorante Giudice, riproposto ogni anno in una versione diversa. Quest’anno poggia su un fondo di funghi, che accoglie altri funghi piemontesi, shiitake, enoki e champignon giapponesi. Un “semplice” piatto di funghi? I frutti di bosco con la loro acidità e il pane di pino silvestre grattato sopra la raccontano diversamente. Ad accompagnare, una foglia d’acero fatta di morbido pan brioche.
Un ovetto cotto a bassa temperatura e poi fatto poché galleggia in una deliziosa vellutata di zucca e parmigiano. Una cialda di capelli d’angelo al burro completa l’avvolgenza.
Viene presentato come antipasto questo gustoso Rombo su crema di patate vitelotte, una specie antica e rara di patata dalla buccia e dalla polpa viola, originaria del Perù. Quei puntini gialli che vedete sono uno zabaione freddo al wasabi, un tocco inaspettato che conferisce decisione al piatto.
Cuori eduli di Cancale, Bretagna, abbinati a un ragù di agnello chiodato con filetti di acciuga e poi cotto in casseruola. Erbaceo e sapido il sapore finale di una ricetta storica le cui origini, forse mediorientali, si perdono nella notte dei tempi, ma vengono riportate in auge qui a Torino dal ristorante Giudice.
Qui siamo decisamente in Italia, con i pennoni di Gragnano e il Blu del Moncenisio, uno dei formaggi che negli ultimi anni hanno riscosso più successo nelle cucine dei grandi ristoranti gastronomici. Il tutto, in un delicato e sgrassante brodo di sedano.
Carmelo Damiano completa il piatto e lo porta al tavolo, ma sembra dubbioso: incontrerà i nostri gusti? Si tratta comunque della reinterpretazione di quella che forse è la ricetta francese per eccellenza: la lièvre (lepre) à la royale, un piatto complicatissimo da realizzare e, soprattutto, dal sapore molto intenso. In questo caso, la carne è all’interno di un raviolo fatto a mano. Lo spessore della pasta è perfetto: né troppo, né troppo poco. Il giusto, per sentirne la consistenza senza che questa intacchi la complessità del ripieno. Al morso, tutto il sapore della lepre scoppia in bocca e il brodo è un trionfo. Non sono, forse, gusti per tutti, ma chi li ama godrà.
La rosa di Damasco, originaria del Medioriente. Lo zafferano, oggi coltivato anche in Italia, ma originario dell’Asia Minore. Il Risotto allo zafferano, uno dei simboli della cucina lombarda. Un carnaroli del vercellese. Quante origini, quante sfumature in questo piatto, che per giunta nasce in un altro luogo lontano, la Turchia, dove fa parte delle ricette nazionali. Lì, viene usato come contorno per il pollo al curry, che non a caso è l’ingrediente “nascosto” sotto al risotto. Si chiude con un bicchiere di tè matcha alla rosa.
“Cosa c’è di più buono di un fegato alla veneziana in casseruola con la cipolla e i pomodorini?”, esordisce Carmelo Damiano nel raccontare questo piatto. L’abbinamento cacao e fegato è un classico della cucina tradizionale del nostri nonni. Qui abbiamo a disposizione un alimento fantastico che in genere viene utilizzato come piatto unico o come secondo, ma che in questo caso diventa ragù, per guarnire un piatto fantastico.
Un tonno scottato, accompagnato da finocchio bruciato e cime di rapa. Marco Granato, nell’ottica di un menu dai sapori forti e decisi, ha pensato di abbinarlo a caviale e guanciale. Il risultato è una specie di lardellatura del tonno, che gli conferisce una grassezza aggiuntiva che si sposa perfettamente con la cima di rapa e che viene equilibrata dal finocchio.
Interpretazione dell’anatra laccata all’arancia ticinese: anatra cotta a bassa temperatura e poi flambata al Cointreau, zest di arance passate in zucchero e sale e poi fritte, crema di patate alla vaniglia.
In ogni menu di Giudice, i dolci sono strepitosi. E in ogni menu dei dolci di Giudice c’è sempre almeno un souffle. Il morbido tortino caldo francese, in questo caso, è al bonet e viene abbinato a un gelato al fior di latte e caramello.
Due tipi di millefoglie in questo dolce molto tecnico: una classica e una realizzata con mele tagliate a mandolina e cotte in forno fino a formare una purea compatta, fatta di tante piccole fette di mela. Crema di arachidi e gelato di zucca completano la versione più dolce dell’autunno, vista attraverso gli occhi della giovane e talentuosa pastry-chef Corinne Colacicco.
Tutti lo conoscono come topinambur e tutti, o quasi, lo associano alla bagna cauda. Ma il topinambur, o ciapinabò, si è rivelato perfetto anche per il Triple C. Dopo un’attenta glassatura con zucchero di canna e miele di castagno, è diventato la base di un dolce “non dolce” a base di zucca e castagne, che restituisce cromaticamente, olfattivamente e gustativamente l’idea di un magnifico bosco in autunno!
Fanatici delle nocciole, avete trovato il paradiso. Si chiama Nocciola/Nocciola/Nocciola ed è un dolce che racchiude in sé 5 diverse interpretazioni del frutto più rappresentativo del Piemonte: tortino, crema, salsa, spumone e cialda.
Ph. Paolo Formica
VUOI SAPERE DI PIÙ SUL RISTORANTE GIUDICE DI TORINO? LEGGI IL PRECEDENTE ARTICOLO.