di CORRADO LARONGA
Siamo stati al Ristorante Giudice di Torino, ma prima di farvi vedere cosa abbiamo mangiato vogliamo raccontarvi una storia. Una storia di identità.
Cos’è l’identità?
La chiamano “identità”, il complesso dei dati personali caratteristici e fondamentali che consentono l’individuazione o garantiscono l’autenticità, e mai come in questi anni è un termine abusato. Come “gastronomico”, “gourmet”, “tradizione & innovazione” e giù di lì.
Che sia o meno corretto a livello linguistico, definire un ristorante “identitario” significa, oggi, riconoscergli una coerenza e soprattutto una riconoscibilità. Nelle arti, la riconoscibilità è preziosa: identificare alla radio un cantante, o alla televisione un’attrice significa che quel personaggio fa ormai parte della nostra sfera cognitiva e che, come tale, costituisce un precedente, qualcosa di noto.
Importante quanto la riconoscibilità è il valore che viene attribuito a ciò che si conosce: i ricordi e le sensazioni positive spingono gli animali votati all’autoconservazione a cercare di nuovo le situazioni che li hanno evocati, contrariamente a quanto succede per i ricordi e le sensazioni spiacevoli.
Ma come si costruisce un’identità? Sappiamo bene che parte dell’identità di ognuno di noi è innata, ma c’è un’altra parte che si forma con l’esperienza, con le azioni, vivendo. Un ristorante, per esempio, può nascere con un’identità in nuce, ma può cambiarla nel corso del tempo, adattandosi alla storia di chi lo gestisce e nel frattempo vive, giorno dopo giorno. È quello che è successo a Giudice, e qui finalmente si arriva al punto.
L’identità del Ristorante Giudice Torino
Giudice è un ristorante con quasi 80 anni di storia. Sta lì, nella prima parte di quella bellissima collina torinese che ci sembra tanto lontana, ma che in realtà è a 5 minuti di macchina da piazza Vittorio Veneto. Nel tempo, ne ha cambiate tante di identità: è stato un ristorante di quelli con i carrelli degli antipasti nei mitici anni delle foto in bianco e nero (ma anche in quelli del colore). È stato meta di artisti, di celebrità, di calciatori e di politici. È stato per un po’ un posto dimenticato, di quelli che la gloria passata non ha aiutato a sopravvivere.
Ma, ormai da diversi anni a oggi, Giudice è un ristorante completamente contemporaneo, vivace, gestito da 3 soci che, tra sala e cucina, gli hanno saputo dare finalmente un’identità che è una summa ingentilita delle sue identità passate e una tensione al nuovo, a ciò che è internazionale e, soprattutto, a ciò che è buono.
Non te lo aspetteresti vedendolo da fuori: una casetta di quelle che ti fanno immaginare tomini al verde e fritto misto e che invece nasconde una cucina con un pregio enorme: essere senza confini e al giusto prezzo. Entri e ti ritrovi in una sala che conserva le stratificazioni di una storia lunga, appunto, 80 anni: pavimenti in pietra che si congiungono a un più moderno parquet, tavoli dalle gambe in legno che sorreggono piani in vetro, un soffitto con le travi a vista e un’illuminazione di design. Un melting pot bellissimo perché autentico, non di quelli che vengono composti scegliendo pezzi diversi dai cataloghi di arredamento.
Poi ti siedi e inizia qualcosa di davvero divertente: la lettura del menu. È lì che spunta fuori l’identità di Giudice, che è quella di creare un percorso di piatti che, pur essendo diversissimi tra loro per ingredienti, origini e lavorazioni, stanno benissimo insieme. Si sposano nel dare al cliente una scelta ampia il giusto, completa il giusto, comprensibile e incomprensibile il giusto. Incomprensibile perché magari non tutti conoscono quella particolare verdura orientale che ha ispirato Carmelo Damiano durante uno dei suoi viaggi, o magari la ricetta di quel burro francese che Marco Granato usa per condire la sua Fassona piemontese. E quando l’incomprensibilità non genera incomprensione, ma curiosità, il gioco è fatto.
IL PERCORSO
Ora venite a giocare con noi e guardate il percorso che abbiamo fatto al Ristorante Giudice Torino grazie ai piatti di Carmelo Damiano, Marco Granato e Corinne Colacicco, accompagnati dal servizio di sala e dai vini proposti da Diego Bava. Purtroppo, il menu che vi mostreremo è stato sostituito qualche giorno fa con il menu estivo che però, niente paura, è altrettanto valido.